Come velocista ipovedente, Valentina Petrillo sta per entrare nella storia delle Paralimpiadi.
Il viaggio della Petrillo verso le Paralimpiadi è stato segnato dalla determinazione e dal coraggio, rendendola un faro di speranza per le donne trans di tutto il mondo.
Nonostante le critiche che le sono state rivolte da alcuni ambienti, Petrillo rimane impegnata nella sua passione per l’atletica e crede di appartenere alla pista insieme ad altre concorrenti donne.
Diagnosticata alla nascita con la sindrome di Stargardt, un disturbo oculare raro e progressivo che colpisce la vista, Petrillo ha dimostrato una notevole perseveranza nel perseguire i suoi sogni atletici nonostante le sfide poste da questa condizione degenerativa.
Uno studio sulla resilienza
La sua decisione di cambiare da adulta non solo ha comportato una crescita personale e una scoperta di sé, ma è stata anche oggetto di un intenso scrutinio, eppure lei continua ad affermare la sua identità di donna e a sostenere il diritto di partecipare all’atletica femminile a parità di condizioni.
Faccio ancora fatica a crederci e rimango con i piedi per terra, perché la mia possibilità di partecipare a Tokyo è stata persa per un soffio”.
Valentina Petrillo
Condividendo il suo straordinario viaggio, la storia di Valentina Petrillo serve a ricordare con forza la necessità dell’inclusività e dell’accettazione nel mondo dello sport, sottolineando il fatto che tutti dovrebbero avere accesso a pari opportunità di partecipazione e successo.
Un campione dell’inclusione
Con la sua imminente partecipazione alle Paralimpiadi, Valentina Petrillo è pronta a diventare un potente simbolo di motivazione e di empowerment per innumerevoli giovani che cercano di superare gli ostacoli e di raggiungere il successo nel mondo dello sport.
Incarnando il coraggio, la resilienza e la determinazione di fronte alle avversità, Valentina Petrillo sta abbattendo senza paura le barriere e creando uno spazio più accogliente e accettato per tutti gli individui nel mondo dello sport.
Cresciuta come un ragazzo, Valentina desiderava indossare la maglia azzurra dell’Italia e gareggiare alle Olimpiadi, ma non come uomo “perché non mi sentivo un uomo”.
L’amore di Valentina per l’atletica è sbocciato guardando il velocista italiano Pietro Mennea vincere i 200 metri alle Olimpiadi di Mosca del 1980 ma, già allora, Valentina sapeva di volerlo fare come donna.